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Castelletto Stura

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Fino al 1600

I primi abitanti di cui si ha notizia, nel territorio di Castelletto Stura, furono i LIGURI BAGIENNI (480 a. C.). Gli storici riportano che essi lottarono per più di due secoli contro la potenza romana, che ebbe solo il sopravvento intorno all’anno 89 a.C.. Tito Livio li chiama forti, arditi, abili cacciatori.
Sotto il consolato di Mario i romani inviarono una grossa colonia ad abitare tra il Tanaro e lo Stura, affinché, mescolandosi con gli antichi abitanti, riducesse la possibilità di ribellioni; la tribù inviata, come testimoniano le epigrafi ritrovate presso le cascine Sant’Anselmo, Falchi, Gamarra e Motta si chiamava Camilla.
Nel 1904 in un campo lungo la strada per Riforano, fu trovato un orcio contenente 226 monete di rame dell’Imperatore Aureliano risalente all’anno 270 - 275.
Negli anni venti del Novecento, a Riforano venne trovata una tomba risalente al primo secolo d.C. contenente oggetti di uso quotidiano. Alcuni studiosi asseriscono che la centuriazione di Spinetta (Villasco?) arrivasse anche nel territorio di Castelletto. Strade romane attraversavano il territorio da Morozzo, Riforano, Castelletto guadando lo Stura.

Con lo sbriciolarsi dell’Impero romano anche le nostre zone ne subiscono le stesse sorti; si susseguono carestie, pestilenze, guerre tra i vari signorotti locali, invasioni barbariche. Il nostro territorio si spopola e i boschi ne prendono il soppravvento a tal punto che la Siylva Bannalis copre anche le nostre zone. I nostri paesi nascono solo dopo il mille raggruppati attorno ad un castello o ad una torre. Così anche il nostro Castrum Sturiae è in verità era una grande torre di avvistamento, cui attorno nacque il primo nucleo del paese (Roset). La prima data sicura è del 1238 con cui i signori di Morozzo concedono libertà di pascolo ai monaci della Certosa. La data 1166 che alcuni riportano come prima menzione di Castelletto, non è sicura essendo il documento di difficile interpretazione.

Il paese in quel periodo è sotto il dominio dei signori di Morozzo e del vescovo di Asti, e per quasi tutto il 1300 sono gli Angiò i signori del paese, prima con Roberto e in seguito con la regina Giovanna. Nel 1362 venne occupato da una banda di mercenari inglesi (la compagnia Bianca) comandati da Giovanni Hawkwood (Acuto), che seminò lutti e distruzione. Vista la grave situazione, il Comune di Cuneo decreta in data 22 ottobre 1366 la distruzione di Castelletto fatta eccezione della torre di difesa. Da allora è tradizione locale riproporre la cacciata di Giovanni Acuto e dei suoi soldati che stabilendosi in paese tiranneggiavano gli abitanti, i quali stanchi dei soprusi si sarebbero rivoltati, e avrebbero cacciato il tiranno catturandolo in Roset in un porcile.
Per una sessantina d’anni Castelletto non esiste più come paese. Nel 1420 Cuneo decide di ripopolare Castelletto, con 25 famiglie provenienti da Priola. Sicuramente Castelletto non era completamente disabitato, e le nuove famiglie si uniscono ai pochi castellettesi formando di nuovo il paese con la denominazione di Castrum Sturiae. La grande operosità degli abitanti fa si che si costruiscano in pochi anni la Confraternita, la cappella di San Bernardo e la Parrocchiale.
Il 1500 si apre con furibonde liti tra Cuneo e Mondovì per il possesso di Castelletto. Dopo mezzo secolo Cuneo avrà la meglio su Mondovì, e “la villa di Castelletto sia d’or innanzi ed in perpetuo incorporata alla villa di Cuneo”.
Anche per l’acqua si litiga per quasi un secolo costruendo nel 1567 la Cravella (Garavella inferiore) e 1580 la Sarmassa che avrà molte traversie prima di entrare in funzione.

 

Dal 1600 ai giorni nostri

Nel 1600, la storia del nostro Comune scorre sullo sfondo delle lotte e delle guerre che caratterizzarono il secolo e il paese è soggette a scorrerie di soldataglie, che pretendevano vitto e alloggio. A seguito del continuo passare, pernottare ed acquartierarsi di contingenti di truppa, il Comune è perfino costretto a vendere, nel 1660, il Mulino, con “resiga e pesta d’olio e forno”, onde far fronte a tante necessità e saldare i debiti contratti.
Inoltre nel 1630 scoppia la peste con strage di gente, mentre negli anni 1676, 1679 e 1684 Castelletto è flagellata dalla carestia che riduce in miseria non poche famiglie.
Una specie di statistica compilata il 28 luglio 1716 dal vassallo C.M. Rubatto per ordine regio descrive il nostro paese: “Nel luogo e territorio di Castelletto Stura vi è una sola parocchia contenente famiglie 200 e persone 700. Vi è una casa comune (Municipio) contenente due stanze occupate per uso del Consiglio e archivio d’esso. Li poveri mendicanti sono in numero di 50 e non vi è fondo per essi salvo quello della Confratria; non vi sono dotti; vi è un imposto di livre dieci dalla Comunità, annuale; qual si converte in pane e si distribuisce a’ poveri dagli agenti di essa” Per alleviare le condizioni di miseria di non poche famiglie ben opportuna è la distribuzione solita a farsi dalla Confraternita di San Sebastiano nei primi giorni di maggio e il lunedì di Pentecoste. Sono anni difficili per la presenza di malattie e febbri pestilenziali.

Da una statistica compilata dal commissario per la guerra Sala verso la metà del 1700 abbiamo ancora notizie sul Paese: oltre al mulino che può macinare giornalmente circa 60 emine, vi è un edificio ad olio e una segheria; due sono i forni, uno di proprietà del Comune, l’altro del vassallo (feudatario).

Il territorio produce grano, segala, legumi, fieno e legna che i paesani vendono sui mercati di Cuneo e Mondovì, ma per riguardo al fieno eccedente al bisogno i pecorai lo consumano in loco quando per l’inverno scendono dai monti, “ivi abitando e formando i formaggi del latte che dalle loro mandrie estraggono”. La maggior parte degli abitanti attende al lavoro dei campi, gli altri allevano una piccola quantità di bestiame. Il patrimonio zootecnico comprende 140 buoi, 123 mucche, 80 vitelli, 5 cavalli, 10 muli, 15 asini e 65 porci.

Nella seconda metà del 1700 l’autorità comunale dimostra una attività sorprendente: nel 1756 fa eseguire la misura del territorio con formazione della relativa mappa; nel 1757 redige il catasto che da 224 registranti; nel 1761 definisce i confini con il Comune di Cuneo; nell’ottobre del 1774 da in appalto la posa del selciato in paese; nel 17789 riacquista il mulino e gli altri edifici alienati nel 1600 per necessità di bilancio ed entra in lite con i Comuni di Fossano e Centallo per la derivazione dell’acqua dal fiume Stura.

Il 6 aprile 1775 “uno spaventevole incendio accidentalmente occorso….qual ebbe suo principio alla casa della vedova Biagina Massucco, mentre questa trovatasi questuando nel territorio….. Gran numero di case furono incendiate.

Il secolo si chiude con la Rivoluzione Francese.

Nel 1806 gli abitanti sono 783.

Nel 1835 scoppia anche a Castelletto il colera. Ecco cosa scrive il prevosto Don Viara: “ Il colera, morbo asiatico, serpeggiando fin dal 1831 dalla Francia in Piemonte, all’inizio del mese di giugno dell’anno che sta per morire cominciò ad infierire a Nizza e, dopo aver a lungo tormentato la città, l’infausto 29 luglio….aggredì Cuneo; su dodicimila abitanti ne morirono miseramente nello spazio di due mesi duemila. A Castelletto giunse il 6 agosto più mite, i colpiti furono 85, i morti 27”.

Da ricordare ancora nel 1836 la risoluzione del problema del Maestro: fin dal 700 un maestro è stipendiato con i redditi della Confraternita di San Sebastiano e sul contributo del Comune, ma dopo la Rivoluzione francese i beni della Confraternita non danno più reddito. Finalmente nel 1831 si provvederà all’acquisto dell’alloggio del Maestro-Capellano e si fisserà pure un congruo stipendio. Nel novembre 1843 inizia la scuola “delle figlie” concorrendo per lo stipendio il Comune, la parrocchia, la Confraternita di San Sebastiano e la Congregazione di Carità: alle ragazze si insegna a leggere e a scrivere, il catechismo, le prime operazioni di aritmetica e i lavori donneschi di prima importanza.

L’8 febbraio 1848 Carlo Alberto promette lo Statuto: a Castelletto Stura la festa della Costituzione è celebrata il 17 febbraio con distribuzione di pane, vino e denaro ai poveri, con Messa solenne, discorso, Te Deum in Chiesa, pranzo patriottico al quale intervengono 65 invitati, con illuminazione per le vie e canti la sera.

Nel 1871 si ottiene l’aggregazione al nostro Comune di quella parte di Spinetta Inferiore che, pur vicina a Castelletto Stura è sempre stata compresa nel Comune di Cuneo: passano così a Castelletto Stura i cascinali di Sant’Anselmo, Torre del Prete, Tetto Falchi, Coppo, Trebbio; Signoria, Forgiane, Marsera, Ruschetto, il Mulino di Tetti Pesio.

Il Viara, scrivendo nel 1975, oserva: “Castelletto presenta tutti i requisiti richiesti, particolarmente il più importante, quello cioè della forza motrice, per l’impianto di uno o più stabilimenti di manifatture, massime per la fabbricazione di panni e cappelli o per la filatura delle sete”. L’osservazione viene raccolta dalla “G.Dumontel et Fils” che costruisce un setificio, dando lavoro a 80 tra operai e operaie.

Nel 1884 fa una nuova comparsa il colera interessando la frazione Riforano dove i colpiti sono 23 e i morti 17.

Alcune annotazione relative al 1900:
il 14 gennaio 1909, per iniziativa del sig. Francesco Preve, concessionario del Comune, viene fatto l’impianto della luce elettrica.
Nel maggio 1911 le 130 operaie del Filatoio entrano in sciopero; il Prevosto si mette a capo di una pubblica sottoscrizione con cui si viene in soccorso delle famiglie più bisognose.
La guerra del 15/18 vede quasi un centinaio di Castellettesi in divisa militare; non tutti ritorneranno ed avranno i loro nomi scritti sulle lapidi.
Numerose le classi richiamate alle armi anche nella seconda guerra mondiale e saranno molti i Castellettesi che non faranno ritorno alle loro famiglie. Terribile fu la guerra civile che vede contrapposti i partigiani da una parte e i Tedeschi e Fascisti dall’altra: anche Castelletto avrà le sue vittime civili.

Descrizione storica tratta dalla pagina comunale di Castelletto Stura (per foto e maggiori approfondimenti cliccare sui due puntini        )

Cuneo

Ci sono città quadrate, città rotonde, città esagonali, città dalle forme irregolari e capricciose, ma ce n'è una, forse l'unica al mondo, che è triangolare, perfettamente triangolare, talmente triangolare che si chiama Cuneo. I nomi di tutte le città hanno un significato, ma per comprenderlo bisogna ricorrere all'aiuto delle etimologie, Cuneo invece vuol dire cuneo e basta, è un po' come il nostro paese si chiamasse Stivale invece che Italia. Il fatto di chiamare le cose con il proprio nome ci dice subito quanto siano onesti, concreti, precisi gli abitanti di Cuneo. 

Cuneo comincia esattamente al vertice di un triangolo isoscele dove è stata fondata 700 anni fa; da qui la città è cresciuta solamente in un’unica direzione, né a destra né a sinistra, senza accavallarsi, ma ordinatamente collocando, secolo dopo secolo, le case una accanto all'altra come i fogli di un calendario; al vertice perciò è l'anno zero di Cuneo, salendo unidirezionalmente il 1600, il 1800, il 1967 e a finire il 2019 senza scampo. Sempre precisi i cuneesi hanno pettinato la loro città con la riga nel mezzo staccando dal vertice del triangolo una bisettrice che divide in due la città e che costituisce il corso principale; questa geometria elementare ci conferma la chiarezza di idee dei cuneesi e la loro disposizione a fare le cose razionalmente.  

Percorrendo il corso percorriamo la storia della città; a destra e a sinistra i secoli si susseguono ordinati come i libri di una biblioteca, tutto perfettamente catalogato in ordine cronologico. Lo stile moderno segna il dopoguerra. Il corso è lungo 7 km, la città ha 700 anni, perciò cresce metodicamente un chilometro al secolo, 10 metri all'anno, 3 cm al giorno. Cuneo è come una nave dalla prua antica e dalla pompa eternamente in cantiere. è una città soli solida ben costruita priva di fronzoli e capricci, non è ricca di fantasia ma è ordinata disciplinata metodica, non ha cose di lusso ma tutte cose utili. A metà del corso diciamo verso il 1850 si apre un’immensa piazza vasta come un Campo di Marte; a che serve tutto questo spazio in mezzo alla città? 

ogni martedì da tempi immemorabili qui c'è il mercato, un mercato qualunque con bancarelle e cianfrusaglie, ma a Cuneo anche un mercato assume un’aria di decoro e dignità inaspettata. Questa Piazza è dedicata alla memoria di Duccio Galimberti l’eroe partigiano cuneese. Se cuneo si è conservata così ordinata nei secoli lo deve anche ad una continuità architettonica che è divenuta ormai una caratteristica della città. Il costo è fiancheggiato ininterrottamente da 2 porticati sotto ai quali si può percorrere il lungo il Largo la città. Man mano che si procede verso l'anno zero i portici diventano più bassi più stretti più bui, proprio come se si rimontassero le pagine della storia più lontana. I portici non solo proteggono i cittadini della pioggia dal sole dalla neve, ma hanno protetto la città degli assedi.

Ma i portici che c'entrano? 

Grazie ai Portici la città poteva resistere per anni gli assedi. Infatti Le arcate venivano chiuse con sacchi di terra creando due lunghissimi tunnel, lungo i quali i difensori potevano spostarsi liberamente su e giù per la città. Cuneo ha 57.000 abitanti e secondo una certa statistica ad ogni cittadino corrispondono 2 metri di portici, che i cuneesi utilizzano intensamente. I portici non sono un marciapiede qualunque. La volta che li chiude da un'aria di intimità che ne fa una specie di salotto lungo 14 km. I portici inoltre hanno una specie di succursale estiva nel viale degli Angeli un rettilineo alberato che forma uno dei lati del triangolo di Cuneo; qui sotto questa volta verde hanno passeggiato tutte le generazioni di innamorati cuneesi. È il viale del tramonto e il viale dell’alba allo stesso tempo. La topografia della città si dice molto del carattere dei suoi abitanti. Ci sono città allegre, tristi, frivole, austere; Cuneo è la città per bene, la città in doppiopetto, pettinata con la riga nel mezzo. Precisa e metodica, Cuneo non nasconde la sua vocazione di città amministrativa, di città capoluogo di provincia, sensibile alle aspirazioni e ai problemi del territorio che la circonda. 

Articolo rielaborato da “Ritratti di città” (1967) un programma di Enrico Gras e Mario Craveri (l'originale nel video proposto)

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